
Bambini Down al nido. Percorso interculturale per genitori ed educatori
I BAMBINI STRANIERI CON SINDROME DI DOWN AL NIDO E ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA. Un percorso interculturale per genitori, educatori ed insegnanti
Da un’analisi delle richieste giunte in sezione dal 2016 emerge un aumento di richieste dei servizi da parte di famiglie migranti.
Queste richieste rappresentano oggi circa il 20% del volume totale.

Grazie al finanziamento della Tavola Valdese, l’Associazione Italiana Persone Down sezione di Roma ONLUS ha realizzato, negli anni scolastici 2018-2019 e 2019-2020 (prolungato causa Covid fino ad aprile 2021), il progetto “Bambini Down al nido e alla scuola dell’infanzia. Percorso interculturale per genitori ed educatori”.
A chi si rivolge
Il progetto è rivolto a bambini con sindrome di Down stranieri che frequentano gli asili nido e le scuole dell’infanzia di Roma Capitale, ai loro genitori, educatrici e insegnanti
Servizi offerti
Valutazione dello sviluppo del bambino presso la sede dell’Associazione, con la collaborazione di un mediatore culturale, individuato all’interno della rete di associazioni del settore con cui l’AIPD è già in collegamento.
Osservazione diretta del bambino al nido, finalizzata ad una analisi delle interazione tra adulti e bambino e tra bambini e bambini.
Incontri tra gli operatori dell’Associazione e gli educatori/insegnanti come contributo all’allestimento e verifica del piano educativo individualizzato L’obiettivo è quello di individuare modalità educative che facilitino nel bambino la comprensione del contesto e sostengano le sue abilità comunicative ed espressive, anche in relazione alla esposizione del bambino ad una doppia lingua, quella familiare e quella del nido.
Colloqui di sostegno psicoeducativo ai genitori, finalizzati ad un accompagnamento alla relazione con gli educatori/insegnanti La frequenza del bambino può diventare una risorsa di mediazione culturale nel loro difficile percorso di integrazione sociale.
Un “nuovo” bisogno emergente
I bambini con sindrome di Down, a causa della loro condizione genetica, sono bambini che possiamo definire “ a rischio di sviluppo ”, rispetto ai quali occorre allestire una serie di interventi educativi, riabilitativi e scolastici che vadano a promuovere la migliore acquisizione possibile delle loro competenze cognitive e sociali.
Quando poi i bambini con sindrome Down appartengono a famiglie migranti diventano una popolazione doppiamente “a rischio di sviluppo”.
E non sempre i tradizionali servizi di welfare sanno adattarsi alle esigenze di una “nuova” domanda condizionata dalla presenza di famiglie provenienti da altri territori.
Nel nostro paese, soprattutto i servizi sanitari ed educativi avvertono forte l’urgenza di riprogettare il proprio sistema di offerta e di ripensare le proprie pratiche professionali tenendo conto della diversità e dell’eterogeneità culturale e linguistica delle famiglie migranti che sempre più si rivolgono ai servizi del territorio.
Quali le risposte possibili?
Le nostre conoscenze scientifiche ci permettono di identificare come uno dei possibili esiti nello sviluppo dei bambini con sindrome di Down figli di migranti, un grave ritardo di linguaggio sia nella comprensione che nell’espressione.
Occorre quindi allestire una pluralità di interventi educativi e riabilitativi che possano rispondere ai bisogni di crescita del bambino contemporaneamente alla esposizione ad una doppia lingua, quella di provenienza familiare e quella del paese che li accoglie.
OBIETTIVI
Il progetto si pone l’obiettivo prioritario di sostenere e di ottimizzare la qualità della relazione che si stabilisce tra bambino e figura caregiver (madre, padre, educatore), relazione che può essere influenzata dal comportamento del piccolo così come dai pensieri, dai comportamenti, e dalla cultura dello stesso caregiver.
Considerato che la competenza relazionale e la qualità della vita del bambino sono mediati dalle risorse psicologiche e relazionali della famiglia, e del contesto sociale educativo, promuovere e supportare la qualità della relazione caregiver bambino è da considerarsi parte integrante del processo educativo e di presa in carico.
In particolare:
- Favorire la capacità di ciascun educatore e genitore di riconoscere i propri stili comunicativi con il bambino
- Promuovere uno scambio con il bambino
- Collaborare tra istituzione educativa e famiglia, costruendo una visione unitaria di “bambino osservato”
- Accompagnare i genitori e gli educatori, nei processi di osservazione relazionale e comunicativo del bambino
- Attivare e potenziare la comunicazione fra famiglia e asilo che può esitare in una forma di collaborazione per l’allestimento di un progetto educativo condiviso.